domenica 1 dicembre 2013

L'antenata della Classe C nata 30 anni fa ha conquistato gli appassionati con lo stile italiano e la tecnologia tedesca. Ripercorriamo la sua storia.


In attesa di ammirare le forme della nuova Mercedes Classe C che approderà sul mercato nel 2014, ricostruiamo le vicende della sua progenitrice commercializzata nel 1983, la 190. Un modello che segna un punto di svolta nelle vicende della Stella e destinato a entrare nella storia dell'auto per le innovazioni tecnologiche e stilistiche introdotte, grazie anche a un italiano.

LE CRISI PETROLIFERE
Le origini di quella che sarà la prima berlina media del marchio di Stoccarda risalgono alla fine degli anni Settanta, quando ormai è chiaro che il mercato dell'auto è radicalmente cambiato a causa delle crisi petrolifere che hanno segnato il decennio. Eventi che favoriscono la nascita di modelli più piccoli nelle dimensioni e con cilindrate e consumi inferiori per fare fronte al rincaro dei carburanti. Un mutamento della domanda che induce le case automobilistiche a proporre modelli più efficienti e attrattivi, come Ford Fiesta, Fiat Panda e Volkswagen Golf, e che convince i marchi “premium” ad allargare la propria gamma verso il basso. La prima a farlo è la BMW con la Serie 3 del 1975 che riscontra subito un ottimo consenso di pubblico, grazie pure a una concorrenza modesta. Lo shock petrolifero, infatti, ha messo in crisi rivali di rilievo come Alfa Romeo e Lancia, mentre altri contendenti stanno ancora emergendo, come l'Audi. Azienda acquisita da Volkswagen a metà degli anni Sessanta che inizia a farsi notare con la “80” introdotta nel 1972.

UNA GAMMA “GRANDE”
A soffrire dei cambiamenti del settore è Mercedes che ha in gamma la W123, progenitrice della Classe E, e la W116, considerata la prima Classe S e sostituita dalla W126 nel 1979. Anno nel quale fa il suo esordio un altro modello destinato a diventare celebre, la meglio nota come Classe G, ma non in linea con le emergenti esigenze di contenimento dei consumi. Unica innovazione della Stella che pare andare incontro alla nuova domanda di risparmio è l'arrivo nel 1977 della 300 SD, prima turbodiesel dell'era moderna, per altro, destinata al mercato Nordamericano. L'esito è che in Europa le vendite Mercedes sono stagnanti e richiedono soluzioni repentine per affrontare gli anni Ottanta da protagonista.

LE PICCOLE STELLE
L'idea dei vertici di Stoccarda per uscire dalla crisi è di seguire l'esempio di BMW e sviluppare un modello più piccolo capace di contrastare il dominio della rivale. Nasce così il progetto W201 che dovrebbe dare vita alla futura “classe compatta”, com'è chiamata negli uffici tedeschi pur sapendo che non si tratta di un modello del segmento delle compatte, ma soltanto della “piccola” Mercedes. Un settore, per la verità, dove , ad iniziare dalla Benz Velociped del 1894, meglio nota come Velo, costruita in circa 1.200 esemplari. Una tradizione proseguita nel 1901 con la 35 CV e negli anni Trenta con la 130 (W23) con un rivoluzionario motore posteriore e la 170 (W15) dotata innovative sospensioni a ruote indipendenti e impianto frenante idraulico. Altre “piccole” del dopoguerra sono le W119 e W122 che, però, si fermano alla fase di prototipo.

IL DESIGN DI SACCO
Per la W201 la dirigenza Mercedes investe cifre sostanziose e impone parametri precisi. La futura auto dovrà soddisfare i tradizionali requisiti di sicurezza, comfort e qualità di Mercedes ed aggiungere consumi ed emissioni ridotti per fare fronte alle sempre più severe disposizioni in materia ambientale, in particolare emesse dagli Stati Uniti. Per lo stile l'incarico di disegnare la vettura è affidato a un quarantenne italiano arrivato a Stoccarda in cerca di fortuna nel 1958 dopo la laurea al Politecnico di Torino e una breve esperienza alla Ghia. E' Bruno Sacco, friulano classe 1933 che dopo 17 anni di gavetta sale al vertice del reparto design della Stella nel 1975. Un designer che iniziando proprio dalla W201. Modello per il quale traccia linee tese con tagli netti pensati non solo per l'estetica, ma pure per ottimizzare l'aerodinamica che, in effetti, raggiunge il ragguardevole Cx di 0,32.

UNA MECCANICA INNOVATIVA
Mentre Sacco definisce lo stile, gli ingegneri sviluppano la meccanica partendo dall'impostazione tipica della Stella: motore anteriore longitudinale, trazione posteriore e avantreno McPherson a singoli bracci oscillanti triangolari. Per il retrotreno i tecnici progettano un inedito schema a ruote indipendenti con cinque bracci che dovrebbe assicurare una migliore precisione di guida e una superiore tenuta di strada, nonché contenere peso e ingombri. Una soluzione che si rivelerà efficace e passerà alla storia come multi-link. Ad essere all'avanguardia sono pure la carrozzeria con lamiere galvanizzate per evitare ruggine e corrosione e la scocca realizzata con acciai ad alta resistenza e con punti a deformazione differenziata per ridurre gli effetti sugli occupanti in caso di impatto. Un sistema che, secondo i tecnici di Stoccarda, assicura alla W201 una protezione in caso d'urto paragonabile a quella della Classe S dell’epoca. A favore della sicurezza sono pure i quattro freni a disco con, a richiesta, il sistema ABS.

INNOVAZIONE IN FORMA COMPATTA
Dopo sei anni di lavoro la W201 è pronta per il debutto l'8 dicembre del 1982, mentre la commercializzazione è prevista per l'anno seguente con il nome di 190. Alla presentazione della nuova “compatta” i consensi sono unanimi. Apprezzamenti riguardano l'eleganza pari a quella delle sorelle maggiori, i contenuti tecnici d'avanguardia e gli elevati livelli di sicurezza. Qualche critica, per la verità modesta, è riservata all'abitacolo, pregiato nel disegno della plancia ma con allestimenti che alcuni non ritengono all'altezza del blasone del marchio. A decretare il successo della 190 sono gli ordini, da subito sostenuti grazie anche allo slogan “Mercedes-Spitzentechnik in kompakter Form” (l'innovativa tecnologia Mercedes in forma compatta) ideato per il lancio sul mercato.

I MOTORI DELLA BABY BENZ
Al momento del debutto la “Baby Benz”, come presto viene ribattezzata, è disponibile con due unità benzina, il 2 litri con carburatore da 90 CV e, per la versione “E”, il motore di pari cilindrata con sistema di iniezione a comando meccanico-elettronico Bosch KE-Jetronic che eleva la potenza a 122 CV. Per entrambe il cambio è manuale a quattro velocità, mentre la trasmissione a 5 rapporti è ottenibile a richiesta in alternativa all'automatico a quattro marce. Ad allargare la famiglia arriva al Salone di Francoforte del 1983 la 190 D mossa da un 2 litri diesel aspirato che eroga 72 CV. Un'unità ribattezzata “Flüsterdiesel” (diesel che sussurra) per la rumorosità ridotta del 50% rispetto agli antesignani propulsori a gasolio e apprezzata per i consumi ridotti e per l'affidabilità. Motore che a fine del 1983 sbarca in USA con cilindrata maggiorata a 2,2 litri per compensare la perdita di potenza dovuta al montaggio dell'impianto di ricircolo dei gas di scarico necessario per rientrare nei severi parametri di legge americani. Stessa sorte subisce l'unità benzina della E, che negli “States” è venduta con una cubatura elevata a 2,3 litri per recuperare i cavalli persi con l'istallazione del catalizzatore con depurazione dei gas di scarico. A passare alla storia, però, è un altro 2.3.

LA SPORTIVA 2.3-16
Se il diesel riscuote i consensi di chi cerca una vettura parsimoniosa, a scuotere gli animi degli appassionati presenti alla rassegna dell'auto tedesca è la 190 motorizzata con il 2.3-16, ossia la versione sportiva. A distinguerla esternamente sono i paraurti in tinta con spoiler anteriore, l'assetto ribassato, l'alettone posteriore e i passaruota allargati che contengono i cerchi in lega con pneumatici maggiorati. L'aspetto grintoso è enfatizzato all'interno dai quattro sedili avvolgenti e strumentazione specifica. Ad entusiasmare, però, è il quattro cilindri M102 con due alberi a camme in testa e 16 valvole che consentono di erogare , di viaggiare a 230 km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in 7,5”. A sottolineare le doti della sportiva sono le dove la 2.3-16 con poche modifiche registra tre su 25.000 km, 25.000 miglia e 50.000 km. Distanza, quest'ultima, coperta in 201 ore, 39 minuti e 43 secondi a una velocità media di 247,939 km/h. Al tris mondiale si aggiungono altri nove primati internazionali nella classe riservata alle auto a benzina con cilindrata compresa tra 2 e 3 litri.

LE EVO E IL TRIOMFO AL DTM
Le qualità della variante sportiva sono messe alla prova nel campionato tedesco di turismo (DTM) con risultati discreti e utilizzate nel 1984 per l'inaugurazione del nuovo circuito del Nürburgring. Un evento che porta diverse 190 E 2.3-16 a sfidarsi in una gare mozzafiato tra i campioni delle quattro ruote che rimarrà celebre per il nome del vincitore: a trionfare è un giovane pilota brasiliano appena approdato alla Formula 1, Ayrton Senna. Le esigenze competitive porta i tecnici ad affinare in continuazione la vettura progettando diverse eredi. La prima ad approdare sul mercato è la 2.5-16 con cilindrata elevata a 2,5 litri e potenza a (194 con catalizzatore). Nel 1988 è la volta della EVO, abbreviativo di Evoluzione, prodotta in 502 esemplari necessari per l'omologazione nel Gruppo A. L'unità è sempre di 2,5 litri, ma progettata per facilitare le elaborazioni previste per le gare, mentre la configurazione stradale ha potenza e velocità (235 km/h) identiche alla 2.5-16. L'anno dopo arriva la EVO II con 235 CV e velocità di 250 km/h che consentirà ai piloti Ludwig, Thiim e Schneider di piazzarsi ai primi tre posti della classifica finale del DTM del 1992.

IL PRIMO SEI CILINDRI
A subire continue evoluzione nel corso degli anni sono pure le 190 “normali”, migliorate nell'estetica, negli equipaggiamenti e nella meccanica. La gamma motori è arricchita nel 1985 con un inedito , seguito due anni più tardi da un turbodiesel di pari cubatura capace di erogare 122 CV. Per le unità benzina la novità arriva nel 1986 con le versioni 2.3 E e 2.6 E, con la prima che adotta il noto motore M102 nella configurazione monoalbero da 136 CV. Più affascinate la seconda che nasconde sotto il cofano un 6 cilindri in linea di 2,6 litri da 160 CV abbinato a un cambio a 5 velocità e che ha una dotazione ricca comprendente, tra l'altro, l'ABS. Sistema che, insieme alla trasmissione a 5 rapporti, si estende a tutta la gamma con il restyling del 1988. Un aggiornamento che introduce , ma nessuna novità di rilievo per le motorizzazioni se si esclude l'introduzione della marmitta catalitica che riduce di poco le potenze e, di conseguenza, le prestazioni. Ultima variazione alla meccanica della 190 arriva nel 1990 con l'estromissione dal listino della 2 litri a carburatore sostituita da un più efficiente 1.8 benzina a iniezione.

NASCE LA CLASSE C
Nel 1993 la 190 va in pensione dopo avere sfornato dagli stabilimenti di Brema e di Sindelfingen 1.879.630 esemplari. Dalle sue radici nasce la W202, la prima media di Stoccarda ad assumere la denominazione Classe C. Un modello che, come le successive W203 del 2000 e W204 del 2007, porta notevoli migliorie sul piano della sicurezza, del comfort e delle prestazioni, ma che sarà ricordato soprattutto per il debutto della versione station wagon (la S202) che riscuoterà notevole successo. Un carrozzeria che dalla W203 sarà affiancata dalla Sportcoupé, variante a due volumi e a due porte che, in qualche modo, concretizza la denominazione “classe compatta” pensata da ingegneri e designer al momento della progettazione della 190.

Fonte: www.omniauto.it

Nessun commento :

Posta un commento

Publisher Website!